Fare… non Fare… qualcosa, forse, probabilmente… intanto il declino va avanti

Si sa, e se non si sa si sappia, che il sottoscritto fa parte di quel’uno virgola briciole che ha creduto nella voglia di cambiamento fattiva espressa dal programma di Fare per Fermare il declino piuttosto che nell'”andate tutti a fanculo” di Grillo.
Ho sperato fino all’ultimo che il PdL, allontanatosi Berlusconi, decidesse di riorganizzarsi, di scegliere di stare più sul versante laico-liberal-riformatore che non su quello popolar-social-cattolico, ma evidentemente l’ombra lunga di Berlusconi e dell’apparato che ha creato non lascia spazio a raggi di sole chiarificatori. Speravo che idee liberali: meno stato, meno spesa, liberalizzazioni, merito, trasparenza, ecc… fossero manna dal cielo per il partito che continua ad impugnare la spada del liberismo, ma invece queste idee non solo non le hanno adottate al loro interno, ma non hanno nemmeno fatto la fatica di provare ad integrarle nel loro programma, cercando di voltare pagina dopo Berlusconi e richiamare linfa fresca e rivitalizzante e, perchè no, anche rivoluzionaria all’interno del PdL.

Vista quindi l’incapacità di Alfano di prendere le redini del partito con rinnovate forza e risolutezza, l’incapacità totale di organizzare primarie serie (anche leggermente più serie di quelle ridicole del PD) e dulcis in fundo la supplica per il ritorno dello Zar Silvio, mi sono visto impossibilitato a riporre nuovamente la fiducia in un partito che non ritengo sia più in grado di promettere la rivoluzione liberale che ha sempre voluto e tentato (male, per diversi motivi) di fare.

Ecco da dove nasce il mio appoggio a Fare, al programma di Fare. Non a Giannino. Si badi. Dopo aver fondato tutto su un personaggio, vi pare che si possa fondare tutto su un altro personaggio? Direi di no. Anche perchè il programma di Fare è pregno. E’ semplicemente ciò che va fatto per fermare il declino, per rialzare la testa. Poi c’è stato lo scandalo Giannino. Poi le elezioni. E dopo le elezioni, per chi se lo fosse perso, Fare si è spaccato. Quell’uno virgola adesso è anche meno dello zero virgola. Perchè? Perchè c’è stata frizione tra i fondatori (Boldrin in testa), che sono per una ripartenza dal basso su base regionale (in stile m5s ma basato su programma solido, non stronzate dettate da Casaleggio&Grillo) e la direzione nazionale che vuole un partito vecchio stile. Gli aderenti, quelli che non sono andati via sbattendo la porta schifati chiedendo la restituzione dei soldi versati, si sono espressi per la via dei fondatori, e quindi al momento l’unica cosa certa è che c’è la spaccatura, che Fare? Non si sa. Due partiti con lo stesso programma? Dietrofront dei “dirigisti”? Dietrofront dei fondatori? Non si sa ancora, per questo ho aspettato qualche giorno, per vedere se si capiva qualcosa.

I dati di fatto dicono che la maggioranza schiacciante degli aderenti e degli attivisti sono con Boldrin, in molti evocano Giannino per rimettere ordine, ma direi che è una via da non percorrere. Non tanto per la figura poco edificante delle lauree, perchè le idee di Giannino sono solide e sono quelle da anni e due o tre lauree appese in bagno non farebbero differenza, ma perchè ha dato prova di saper spiegare poco il complesso programma. Così come tutti i personaggi, fondatori o meno, che sono sfilati in video durante la campagna elettorale: ci vuole un’abile comunicazione per far breccia nell’elettorato. L’ideale sarebbe poi, come ha chiesto qualcuno degli attivisti, che esistessero due linee: una di professori, esperti, “tecnici” che elaborino il programma e, aggiungo io, diventino ministri alla giusta occasione, e un’altra linea di fuoco di pochi ma ottimi comunicatori, che interpretino il volto del movimento, senza una punta unica, dato che abbiamo visto come può diventare difficile gestire un caso di dimissioni del front-man, ma con un gruppo ristretto di “divulgatori” capaci di catalizzare i voti.

E poi trasparenza e democrazia nella scelta degli organi, collegialità nel raccogliere idee, ma pochi cervelli per elaborarle in modo coerente. Una struttura leggera ma capillare e rigorosa insomma. Qualcosa che in Italia non esiste. I “vecchi” partiti non ascoltano il popolo se non per proposte populiste capaci di muovere la pancia degli elettori lasciando il cervello sotto naftalina. Il movimento grilloide fa un uso della rete troppo smodato, mal gestito, con pochi capetti (a pagamento) che alla fine decidono e impongono il loro volere, dando solo l’impressione di chiedere l’opinione di tutti e coordinarla. Senza contare che alla fine dei 162 (mi pare) parlamentari del m5s, l’opinione che conta è ancora quella di Grillo: un non eletto. Quello fa proclami sul blog e la carica dei 162 annuisce e abbaia docile, lingua penzoloni. Non è ciò che serve al Paese. Non è democrazia. E’ una gigantesca presa per il sedere.

Però intanto il declino va avanti…

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